15 Novembre 2017
Ore 20.45
Villa Pomini, Castellanza (VA)
serata inclusa nella rassegna "La montagna raccontata", organizzata dal CAI di Castellanza.
“La cosa più
abbondante sulla terra è il paesaggio”. Con questa citazione dall’incipit
del libro “Una terra chiamata Alentejo”,
del Premio Nobel per la letteratura Josè Saramago vorrei introdurre questa serata dedicata ad
un profilo che da sempre caratterizza il paesaggio appunto, della nostra terra:
Il Monte Rosa. L’idea ha radici lontane e nasce da una mostra fotografica, di
Mauro Del Romano, dal titolo “#36 vedute
del Monte Rosa”, in omaggio al maestro giapponese Katsushika Hokusai ed ad
alla sua opera 36 vedute del Monte Fuji.
Hokusai dipinse il profilo del Fuji, per onorare una
montagna sacra nella cultura del Giappone, ma anche per materializzare l’affetto
verso quel profilo che caratterizzò il panorama della sua vita.
Così, tra il Dicembre 2016
e Gennaio 2017 , la mostra “#36
vedute del Monte Rosa” ha materializzato l’attenzione, l’affetto e la
bellezza che i cittadini della provincia varesina individuano e assaporano in
quella montagna nell’orizzonte di Nord-Ovest.
Dalla comune passione per la montagna, e il Monte Rosa in
particolare, è scaturita l’idea di una
evoluzione e collaborazione come tributo emozionale al Monte Rosa visto da
lontano e al profondo legame che si genera nei riguardi della sua figura,
caposaldo nel panorama della terra d’Insubria. Un connubio che unisca le
meravigliose immagini catturate da Mauro con le poesie Stefano Camòrs Guarda,
cercando di creare un motivo d’ispirazione che porti all’affioramento degli
aromi della bellezza estetica del monte e che materializzi, al contempo, il
gusto del pensiero recondito che tale immagine genera nella mente e nell’animo
umano.
Il progetto nasce come reading poetico, didascalico della
proiezione fotografica, accompagnata da sottofondo musicale che prende il nome
di: Il
“Rosa” nell’anima.
L’evento è costruito sulla base di 20 foto e 20 poesie,
suddivise nelle quattro stagioni dell’anno. Annualità, che oltre a catturare le
più vibranti sfumature di luce riflessa dalla montagna, richiama un’analisi più
intimista di altre prospettive, utilizzandola come metafora della vita umana.
Un viaggio nel tempo e nello spazio, che parte dal lontano
Giappone del secondo ‘700 per giungere al Varesotto del terzo millennio,
consapevoli che se anche cambiano gli orizzonti tecnologici, la riscoperta di
ataviche emozioni diviene semplicemente umana
sopravvivenza.