lunedì 16 novembre 2020

Sinfonia d'una città - prima parte

Busto Arsizio, 

Non sono un "Bustocco", perché qualcuno mi ha detto che per essere bustocchi devi andare indietro di almeno tre generazioni e io non sono nemmeno alla prima, però se dico bustese, la maggior parte delle persone mi chiede se sono della vicina Busto Garolfo. Allora cosa sono? Presto detto...sono un Cassanese che da ormai quindici anni vive a Busto e con questo mio spirito scevro di pregiudizi, o meglio, campanilismi di quartiere, osservo la città che mi ospita e cerco di assaporarne tutti i suoi spunti. Quello che mi piace condividere è questo mio sguardo neofita da sedentario turista, perché vi assicuro che Busto Arsizio è molto bella. Dovessi esprimermi attraverso una metafora, direi che Busti Grandi è come un magnifico mosaico, solo che, a volte, ha le tessere troppo distanziate e si fatica a coglierne velocemente l'armonia. Passo passo, però, un suono di fondo emerge e diventa sinfonia, sinfonia d'una città appunto. Così anch'io nella lentezza che rintuzza le braci della curiosità, la esploro e vedo, e ascolto..... 

foto dal web

Piazza San Giovanni - la partenza 

Una strana sensazione mi prenda la mente, l’avvolge e la stringe. Non allenta la presa e continua a ronzare in un eco diffuso e confuso, il rumore di un galoppo lontano che tende ad avvicinarsi. Un suono che diventa musica, sottofondo. Mi pare di conoscere la melodia, ma non ricordo il compositore, o meglio, l’ho lì, sulla punta della lingua. Mi circonda una piazza di varie architetture contaminata; convivono in armonie a volte forzate a volte lineari. Ne esce il carattere, lo stile e del tempo, l’interpretazione. Un brusio diffuso diventa la voce di un coro, la quale accompagna il solista, che nella mia testa ha lanciato l’assolo. Mi ha sorpreso qui, in questo teatro improvvisato sotto la volta pensata da Dio per la perfezione acustica. Senza che me lo aspettassi i luoghi e il tempo, sono stati tramutati in strumenti d’orchestra, la mia mente in spartito. Le mie gambe non si arrestano e con movimenti lenti e pensati mi conducono sulle note di questa città, di questo solfeggio di vita. Le anse della piazza caratterizzano il motivo, vibrazioni, fiati, percussioni e voce. Un groviglio, apparentemente indigeribile ma unico. Ogni facciata è pronta ad essere strumento del suo tempo, dai clavicembali rinascimentali alle tastiere elettriche di fine novecento e si sposa nello stupore generale, il graffio di chitarra elettrica con l’eleganza soffusa di un contrabbasso jazz, nella benedizione dei rintocchi di campane a festa.  Le vie laterali sono pause, dalle quali è possibile uscire, dirottare la musica altrove, pause o forse archetti per collegare note distinte ma salde nel proprio carattere. Un impulso mi assale in maniera smodata, un’esplosione nel petto e poi il battito del cuore in crescendo è presagio d’un avvento canoro, sul palco d’opera. Non sono un musicista e nemmeno un cantante, ma davvero fatico a soffocare l’istinto che mi vorrebbe irruente tenore nel lanciare al cielo i versi di una poesia, o forse di una canzone.  

 

È per me un fruscio
il tempo che scorre, vibra
la corda del tempo
e suona la sua melodia.
Le voci del coro si alternano,
entrano i contralti, perduto
il basso. Il timbro mi è nel cuore,
lo sguardo serrato dal dolore,
custodito nel ricordo, riappare.
Riaffiora una luce già vista,
conosciuta e amata. Riflessi,
lineamenti di un volto caro,
come acqua nel deserto.
Nonno, nipote, figlio, padre e
le vibrazioni d'una carezza
amplificano l'affetto, nell'armonica
cassa, eco delle generazioni.


Stefano Camòrs Guarda

Sinfonia d'una città -  CONTINUA.......