Diario di un uomo sospeso…
13 Marzo 2016, Laggiù dove vive il passato.
Ieri era caldo, sembrava la primavera avesse
spalancato la porta e fosse entrata a riempire le stanze del mondo. Oggi meno,
fa più fresco. Anche il cielo è voltato ad un color grigio austero, brusco come
una sgridata inattesa. Il Sospeso nei giorni passati ha toccato il fondo.
Salutare per l’ultima volta chi rappresentava parte della propria infanzia, chi
ricollegava il pensiero alla propria età della primavera è stato un peso non
facilmente addossabile. Il Sospeso si ricordava di qualche anno prima, in
quella stessa chiesa, in quello stesso vento freddo. Aveva osservato un uomo
che aveva appena perso la moglie. Abbracciato e supportato dai propri figli, di
lui ricordava lo sguardo. Quello sguardo di chi ha smarrito la rotta, che
avrebbe voglia di lasciare la nave alla deriva, ma non può. Ha il dovere di
lottare per il proprio equipaggio, perché dipendono da lui, perché gli vuole
bene. Il Sospeso era appena diventato papà e colse appieno quei segni
inaccessibili alla precedente giovinezza. Oggi l’equipaggio è forte e maturo
grazie al suo esempio, e quasi con sollievo s’è abbandonato alle onde con la
speranza di riabbracciare al più presto quella donna. “Perché in fondo se lo merita, di ritrovar l’affetto di chi lo ha tanto
amato”. Il Sospeso è riconoscente a quell’uomo per l’esempio che gli ha
involontariamente donato, che è stato marchiato nel suo animo nel momento in
cui incrociò quello sguardo smarrito nel vuoto della sofferenza. E’ stato un
grande onore conoscerlo, e una benedizione vedere di Te e tua moglie i segni
del vostro animo germogliati nei vostri figli. Il Sospeso non può che rimanere
turbato nei suoi interrogativi: “Sarò mai
all’altezza di quell’esempio? Prigioniero,
quale sono, delle mie incertezze e fragilità” .
Sospeso
nel proprio tempo, sospeso nel proprio mondo.
Davvero
non trova più alcun appiglio in questo modo di essere. Anche la finzione sta
diventando un male incurabile, che giorno dopo giorno, trasforma un finto
sorriso in una smorfia di dolore. Che lo consuma dall’interno, lo svuota e lo
confonde. Al Sospeso viene da pensare a quanti veramente nel mondo stanno
navigando seguendo una vera rotta, e quanti invece, come lui, stiano navigando
e basta, senza una meta precisa. L’unica istruzione vincolante è l’incolumità
della nave, dall’alba al tramonto.
Si sta
materializzando l’idea di andare a ritrovare l’essenza nella natura, in una
terra che ancora oggi offre isolamento. Una terra dove ancora tutto è fatica,
la maggior parte delle cose è addobbata da privazione. L’uomo vorrebbe mettersi
in gioco, è in continua ricerca di risposte su quale possa essere la sua vera
reazione ad un salto nel tempo di quasi centocinquant’anni. Di un ritorno alle
origini moderne. Sa bene di avere una
visione troppo romantica di quella condizione, visione di chi non ha mai
realmente provato i tribolamenti del passato. Eppure la voce dell’istinto porta
a far emergere in continuazione la convinzione che ci sia qualcosa di
inesorabilmente purificatorio e appagante, in un periodo depurativo in tal modo.
La Val Grande è quella terra, luogo di sacrificio e consolazione per chi come
lui è anelante d’isolamento. Un salto non solo nella distanza, ma anche nel tempo.
Recarsi lassù solo con il proprio fardello di pensieri e un misero bagaglio,
quello concesso per attrezzare un maggengo di fine Ottocento.
Pieno
distacco dal mondo e assoluta sopraffazione da parte del proprio essere. Da lì
in poi il dubbio, il terrore reale è solo quello di sapere in anticipo se
quella terra e quel tempo passato ci rigetteranno come organismi estranei,
oppure, una volta iniettati in quel mondo arcaico sarà impossibile ritornare
indietro. La terra abbandonata è il futuro dell’uomo; il suo rispetto, il suo
utilizzo che ci ancora alla realtà. Non il virtuale. Non il nascondersi in un
universo costruito a misura di benessere onirico e distaccato.
C’è del
rischio in questo, ma è la scelta fondamentale dinanzi ad un bivio; è la via che
dobbiamo prendere per sapere a quale “etnia” apparteniamo. Esistiamo in un
presente ambiguo, di confine. Dobbiamo capire da quale lato stare della rete.
Anticamente la pangea
ci faceva cittadini di un’unica terra, oggi la globalizzazione ha riunito quegli
stati divisi dal movimento delle placche della crosta terrestre. Molti hanno
già effettuato la scelta, forse il Sospeso è finalmente arrivato alla soglia di
quel bivio tanto temuto e atteso.
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