I.
PREMESSA
Per quanto il malcontento sia una costante della
popolazione italiana, ad un occhio esterno è indubbiamente evidente come la
situazione nel nostro paese nella realtà dei fatti non sia drammatica, ma
solamente disequilibrata. Molti si nascondono sotto il vessillo della
meritocrazia senza che poi però, allo stato dei fatti, nessuno abbia più voglia
di fare la cosi detta “gavetta”.
L’Italia, nonostante il sentore crescente antieuropeista, sbaglia a
pensare di ottenere dei vantaggi da un’uscita dall’euro. Gli unici ad avere un
tornaconto sarebbero gli speculatori sui tassi di cambio e sulle oscillazione
del tasso d’interesse sul debito nazionale. Certo ci sono Stati più evoluti ma
anche con una cultura collettiva più accentuata della nostra e ci sono Stati
decisamente più in difficoltà del nostro. E’ una questione, non solo, ma anche
psicologica, di percezione. Ogni cosa che riteniamo oggettiva è vista con
un’ottica soggettiva, quindi, se mi convinco di essere povero, anche quando non
lo sono, avrò la stessa percezione di difficoltà che ha una persona che lo è
realmente. Quello che avremmo urgentemente bisogno, è aumentare la percezione
del benessere e al contempo aumentare la percezione degli altri Stati d’Europa
che stiamo seguendo la corrente Europea. Le cose indubbiamente devono cambiare
in qualche maniera, ma la soluzione che tutti cercano è la così detta
“bacchetta magica”, ovvero una legge che nel giro di una notte riequilibri e
risani il paese. Bene una cosa del genere, non esiste. Lo Stato è come un
organismo vivente e quando si ammala in maniera cronica il medico non può guarirlo
con una terapia shock. La cronicità va eliminata con cautela per non generare
scompensi in altri punti e rendere vani i miglioramenti.
II.
I CONSUMI E L’IMMAGINARIO COLLETTIVO
Nonostante l’economia
cerchi in ogni modo di favorire il consumo, perché è ovvio che l’utilizzo
genera domanda, la domanda genera l’offerta e l’offerta genera lavoro. Il
problema è la natura psicologica della volontà di utilizzare. Erroneamente si
tende sempre a considerare gli Stati Uniti come esempio a cui trarre
ispirazione, ma il divario tra il Popolo italiano e quello statunitense è di
natura culturale. L’Americano medio ha un retaggio culturale che non lo ha mai
visto alla fame dal ’29 in poi. Le guerre sono sempre state combattute lontano
da casa (ad eccezione degli attacchi di natura terroristica), mentre nella
maggior parte delle famiglie del Bel Paese, l’impronta e il timore trasmesso
dai nonni o dai genitori era la propensione al risparmio, all’accantonamento
nell’eventualità di una crisi o guerra. Anche questo aspetto non è da
sottovalutare, un Italiano difficilmente utilizzerà al 100% il suo guadagno nel
consumo diretto di beni.
III.
INCENTIVARE E RASSICURARE
E’ dunque in questo scenario, complicato dalle
interrelazione dell’appartenenza all’Unione Europea e ai flussi delle varie
sfaccettature finanziarie, che si deve necessariamente trovare quell’equilibrio
primario che in medicina è conosciuto come “Primum non nŏcēre”. Quindi è vero che occorre
dare un impulso, soprattutto all’economia interna, ma è anche necessario
continuare a garantire quella fiducia e affidabilità rispetto agli impegni
presi in maniera tale che si evitino emorragie speculative.
IV.
E’ LA DOSE CHE FA IL VELENO
Il concetto è più facile di quanto si possa
pensare, pensiamo al fuoco, ad esempio. Utilissimo e anche pericoloso,
esattamente come l’economia. Perché possa esistere il fuoco però, debbono
coesistere almeno tre elementi: Combustibile (es Carta), Comburente (es.
Ossigeno) e Temperatura d’Accensione (Calore). Se manca uno dei tre la
combustione diventa pressoché inattivabile. Trasliamo questo esempio sulla vita
reale, per poter attivare un qualsiasi tipo di economia devono coesistere
almeno tre fattori: Merci o Servizi (tutto ciò che è legalmente vendibile),
Fiducia nel futuro (tranquillità e percezione di una comunità che è stabile),
Disponibilità (di denaro, dei mezzi per ottenerlo e anche del tempo per poterlo
utilizzare). Senza uno di questi tre elementi, difficilmente può divampare un
qualsiasi stimolo che non sia di arroccaggio su posizioni protezioniste.
Spiegarlo è facile, metterlo in pratica meno. Ogni
decisione deve avere sempre presenti i tre elementi altrimenti c’è il rischio
che non si ottenga nulla, o peggio, si ottenga l’esatto contrario.
Andiamo per gradi, il primo elemento che ho
elencato è “Merci e Servizi”. E’
importante mantenere una concorrenza tra le aziende, un giusto livello di
competitività ed anche una valorizzazione della creazione di merci. L’Italia
non è solo inserita nell’Europa (è una visione limitata), L’Italia è
all’interno del mondo e deve considerare tutti i confronti e le sfide. Nessuno
nelle varie campagne propagandistiche ha mai espresso i metodi per richiamare i
capitali del mondo verso il nostro paese. Le ipotesi sono tante e svariate,
quelle forse più intelligenti potrebbero essere una detassazione totale delle
pensioni dei cittadini esteri che scelgono di venire a risiedere in Italia
(come già il Portogallo fa), questo incrementerebbe i consumi e quindi
l’apporto dell’IVA allo Stato, aumenterebbe i volumi di lavoro richiesto e
aumenterebbe quella valorizzazione dell’unico Petrolio che l’Italia ha e
che sfrutta meno di quel che dovrebbe: la cultura e il turismo.
Il secondo punto potrebbe essere una tassazione
annullata e/o ridotta ai minimi termini, per tutte quelle società che operano
in Italia nella ricerca e sviluppo, però queste società per avere accesso a
questa tassazione agevolata devono essere situate in Italia e registrare tutti
i brevetti sul territorio Italiano e firmare accordi obbligatori per la
produzione dei prodotti sotto quei brevetti, per un periodo di almeno cinque
anni, con ditte che producano sul territorio italiano. Queste realtà produttive
collegate potrebbero ottenere sgravi fiscali per la produzione sotto tali
accordi e godere di un periodo di monopolio del prodotto innovativo.
Il secondo parametro è quello della “Fiducia nel futuro”. Nessuno ha la
palla di vetro e nessuno riesce a predire il futuro in maniera esatta, però
quello che è possibile fare è cercare di pianificare le azioni strutturali su
un periodo di congrua lunghezza e generare quella percezione di un
miglioramento e di una stabilità sia internamente al paese, ma soprattutto
fuori. Quindi nessun muro contro muro, ma capacità negoziale seria e obiettivi
chiari. Pensate solo a quando vi trovate a lavorare con un collega, cosa
preferireste, un egocentrico avvezzo alle spese folli, ma simpatico o un serio
collega, preparato e lungimirante che mi dia quel senso di sicurezza di non
essere solo in caso di difficoltà?
“Disponibilità”, certo a tutti fa gola avere più soldi in tasca,
ma se mi aumenti la paga e contemporaneamente vengono alzate altre tasse o
abbassate detrazioni e deduzioni il risultato è che non cambia niente nel
potere d’acquisto. Riguardo alla Flat Tax, quindi non sono certo sfavorevole ma
le coperture non sono mai state valutate in maniera empirica. Per provare una
soluzione che abbia una valore scientifico, si devono avere dati certi alla
mano. Se si va a tentativi e lo si fa su scala nazionale c’è un eccessivo
rischio di irreversibilità. Per esempio, un detassazione accompagnata
dall’aumento dell’IVA potrebbero, integrata ad una politica familiare che
favorisca nuove nascite e mette in condizione chi ha necessità di spendere di
avere maggiore disponibilità è possibile.
In che modo? Teniamo presente le attuali aliquote
IRPEF del 23, 27, 38 e 41 e l’IVA al 22%
Un punto percentuale d’IVA in più sarebbe
“digerito” meglio se accompagnato da una percezione di “conforto finanziario”
ovvero una rimodulazione delle aliquote in questa modalità:
Attuale
Rivisto
Questa modalità
porterebbe ad avere un migliore assorbimento dell’aumento dell’IVA, ma un
aumento anche del potere d’acquisto da parte di tutti i cittadini,
ulteriormente incrementato da una minore tassazione su quei soggetti che hanno
per necessità la propensione alla spesa, ovvero le famiglie con figli. Questo
incremento possibile di spesa, grazie alla percezione materiale di avere più
denaro disponibile, andrebbe ulteriormente a beneficio di quell’aliquota IVA
rialzata di un punto percentuale.
Certo è un
bell’azzardo, ma nessuno vieta al nostro paese il tentativo e per fare questo
ci sono due possibili modalità:
1) Optare per un
progetto pilota che coinvolga un Comune o una Provincia, e monitorare per sei
mesi l’evoluzione della situazione in base ai nuovi parametri.
2) Fare lo
stesso tipo di analisi, ma a livello Nazionale, che abbia una durata minima che
possa fornire un indicatore affidabile e che non crei enormi danni economici in
caso di mancata efficacia.
V.
STIMOLI AD EVITARE IL NERO
Nessun timore, non
è una campagna razzista. Il soggetto è il lavoro nero, quel mondo sommerso in
cui sicuramente ognuno di noi spesso si è trovato di fronte. La scelta nella
maggior parte delle volte è dovuto a ragioni di risparmio; l’etica ancora le
banche non la caricano sui conti correnti. Bisogna quindi che se il lavoro non
fatturato, al giorno d’oggi, fa leva sulle ragioni del portafoglio, allora è
giusto operare allo stesso livello, facendo in modo che anche la fatturazione
porti un vantaggio fiscale, sia al lavoratore e sia al cliente. Come? Con la
possibilità di detrarre le spese per acquisti e piccoli lavori slegati dalle
grandi ristrutturazioni o dal risparmio energetico e dalle loro aliquote più
corpose e onerose per lo stato. La questione è abbastanza logica, se concedo
uno sgravio solo al cliente, il lavoratore assorbe lo sgravio con uno sconto e
il nero persiste, ma se lo sgravio è per entrambe allora la propensione alla
fatturazione è maggiormente incentivata. Il guadagno per lo Stato è il fatto di
vedere aumentare un introito, che seppure indebolito rispetto all’aliquota
piena dell’IVA (maggiorata di un punto), permette a tutte e tre le parti di
avere un beneficio. Pensiamo se per ogni tipo di piccolo lavoro il lavoratore
potesse detrarre dalle tasse il 3% fino ad un massimo di detrazione pari a
5.000 euro annui (pari ad una fatturazione di circa 166.000 euro) ed al Cliente
una possibilità di detrazione del 5% fino ad un massimo di 2500 euro annui (pari
a 50.000 euro spesi). All’Erario entrerebbe un aliquota ridotta del 15% sulla
fatturazione, ma che prima di questo incentivo sarebbe stata totalmente
invisibile. Pensiamo alla portata e all’ambito di questi “piccoli lavori” come
le imbiancature, i lavori di giardinaggio, di piccola muratura, di riparazione
elettrica o idraulica, delle caldaie, delle imprese di pulizia, etc. Come
dicevamo nel paragrafo precedente, se è vero che è la dose che fa il veleno, è
vero anche il contrario ovvero che la somma di piccole dosi aumenta il
beneficio.
VI. INCENTIVO AD USUFRUIRE DEI BENI DELLO STATO E ALLA
CULTURA
In uno dei passi precedenti dicevo che la cultura
e in generale il turismo dovrebbero essere considerati come il vero “petrolio”
dell’Italia. Ma siamo realmente certi che questo sia veramente considerato un
valore da tutti i cittadini e non solo dagli imprenditori o dai politici di
settore. Incentivare all’utilizzo dei beni dello stato (ville, musei, parchi,
etc.) vuol dire conoscere la nostra storia, le nostre radici e la conoscenza
porta al rispetto. Perché non cercare d’incentivare la frequentazione di questi
luoghi con la possibilità di detrarre una percentuale dei biglietti d’ingresso,
ad esempio del 10% annuo a famiglia, per un importo fino a 1000 euro (100 euro
di detrazione). Lo Stato ha il dovere di mantenere e far usufruire a tutti dei
beni di proprietà dei cittadini stessi. Vanno in parallelo aumentate di molto
le sanzioni economiche per chi deturpa o vandalizza i beni culturali,
aumentando i compiti degli “ausiliari del traffico”, al titolo di “ausiliari di
vigilanza”, debitamente formati per diventare operatori di garanzia e non
produttori di multe.
Aumentare l’aliquota destinata ai recuperi, dando
la possibilità di scelta della destinazione dell’8 per mille al FAI. Anche la
cultura “privata” va incentivata portando l’IVA sugli spettacoli teatrali,
cinematografici, sui libri e sulla musica ad aliquote agevolate rispetto alle
attuali.
VII.
POLITICA PER LA QUALITA’
Ogni cosa, anche la più semplice, per durare ed
essere efficace, deve essere fatta bene. Le politiche degli appalti al massimo
ribasso o le partecipazioni dei municipi alle aziende, non evitano il lievitare
dei costi e il miglioramento del servizio, ma nella maggior parte dei casi
uccidono la concorrenza, generando zone d’ombra di conflitto d’interesse e
carenza nei servizi dovuto all’aumento del peso della politica in un contesto
imprenditoriale non suo. Ogni appalto deve avere una soglia minima di ribasso e
da parte dell’autorità un monitoraggio anche delle performance dell’opera
stessa, con applicazione di penali alte in caso di evidente scarsezza di
qualità. Le opere durerebbero molto più tempo e il risparmio andrebbe alle
opere di manutenzione delle stesse, mantenendo a livello locale un equilibrio
occupazionale.
L’Italia è una nazione ineguagliabile sotto il
punto di vista della varietà, biodiversità e bellezza. Entrando in Italia uno
straniero dovrebbe meravigliarsi, rimanendo a bocca aperta fino all’uscita dal
suolo nazionale. Anche la cura ed il mantenimento di decoro e pulizia delle
abitazioni private (rif.§V), dei beni pubblici (rif.§VI), sono di certo
politiche della qualità, che indirettamente diventano uno strumento di
marketing a favore dei cittadini stranieri e di aumento della qualità della
vita per i Cittadini italiani. L’Italiano è ora che la smetta, e lo dico da
Italiano, di pensare che ciò che è statale non sia di mia competenza. Dobbiamo
diventare tutti imprenditori del nostro paese, aumentando, salvaguardando e
migliorando la molteplicità delle eccellenze. In questa maniera si può generare
un continuo aumento delle esportazioni, un aumento esponenziale del turismo e
conseguentemente aumento dei posti di lavoro e gettiti da tassazione di questi
ambiti.
VIII.
MARKETING
L’Italia è tante cose e tra queste sicuramente un
piccolo gioiello di famiglia, tramandato di padre in figlio per generazioni. E’
qualcosa per cui gli avi hanno combattuto e per quelli che li hanno succeduti
un elemento di affetto e attaccamento sentimentale. Come tale non va svenduto e
nemmeno venduto, ma valorizzato e fatto ammirare. Abbiamo una storia antica,
controversa e complessa, creata da un popolo che ha fatto delle proprie
capacità un vessillo intramontabile. Per questo motivo dobbiamo saper
valorizzare ogni sfumatura, mai cadendo nell’errore dell’apologia del passato,
ma nemmeno in quello di nasconderlo. L’arte, l’architettura, la letteratura, la
fotografia ed ogni altra forma d’espressione è un imprescindibile biglietto da
visita del nostro popolo. Ognuno di essi rappresenta una tessera di un mosaico
che crea il disegno di una identità. Ogni tassello va spiegato, va capito e va
contestualizzato, per poter comprendere le motivazioni e gli errori commessi e
i grandi pregi e progressi. L’immagine di un popolo maturo, sincero e razionale
non è ad appannaggio della creatività e allegria tipica dei latini. Torniamo ad
essere “Caput Mundi”. Il nostro paese
va sponsorizzato all’estero portando eventi di ogni genere e natura al di fuori
dei confini, promuovendo circuiti alternativi agli standard mentali degli
stranieri. Partendo da un argomento, da un interesse, da un prodotto e creando
visite focalizzate sul suo percorso d’ideazione, creazione, produzione,
portando la gente nelle piccole realtà provinciali, a toccare con mano dei veri
e propri gioielli, forse meno blasonati, ma sempre d’inestimabile valore. C’è
una caratteristica che accomuna tutta l’umanità ed è la curiosità. Cerchiamo
d’incuriosire gli stranieri nel venire a scoprire l’inaspettato.
Io penso da Cittadino Italiano, che alla prossima
tornata elettorale la maggior parte delle persone cavalcherebbero l’onda del
Pragmatismo. Dei soggetti politici che hanno idee concrete e strutturate di cui
farsi vessillo e non mera propaganda o tifo calcistico, non ci sarebbero di
sicuro problemi nel reperire la maggioranza dei voti.