lunedì 14 marzo 2016

Diario di un uomo sospeso…laggiù dove vive il passato.

Diario di un uomo sospeso…


13 Marzo 2016, Laggiù dove vive il passato.

Ieri era caldo, sembrava la primavera avesse spalancato la porta e fosse entrata a riempire le stanze del mondo. Oggi meno, fa più fresco. Anche il cielo è voltato ad un color grigio austero, brusco come una sgridata inattesa. Il Sospeso nei giorni passati ha toccato il fondo. Salutare per l’ultima volta chi rappresentava parte della propria infanzia, chi ricollegava il pensiero alla propria età della primavera è stato un peso non facilmente addossabile. Il Sospeso si ricordava di qualche anno prima, in quella stessa chiesa, in quello stesso vento freddo. Aveva osservato un uomo che aveva appena perso la moglie. Abbracciato e supportato dai propri figli, di lui ricordava lo sguardo. Quello sguardo di chi ha smarrito la rotta, che avrebbe voglia di lasciare la nave alla deriva, ma non può. Ha il dovere di lottare per il proprio equipaggio, perché dipendono da lui, perché gli vuole bene. Il Sospeso era appena diventato papà e colse appieno quei segni inaccessibili alla precedente giovinezza. Oggi l’equipaggio è forte e maturo grazie al suo esempio, e quasi con sollievo s’è abbandonato alle onde con la speranza di riabbracciare al più presto quella donna. “Perché in fondo se lo merita, di ritrovar l’affetto di chi lo ha tanto amato”. Il Sospeso è riconoscente a quell’uomo per l’esempio che gli ha involontariamente donato, che è stato marchiato nel suo animo nel momento in cui incrociò quello sguardo smarrito nel vuoto della sofferenza. E’ stato un grande onore conoscerlo, e una benedizione vedere di Te e tua moglie i segni del vostro animo germogliati nei vostri figli. Il Sospeso non può che rimanere turbato nei suoi interrogativi: “Sarò mai all’altezza di quell’esempio? Prigioniero, quale sono, delle mie incertezze e fragilità” .
   Sospeso nel proprio tempo, sospeso nel proprio mondo.
   Davvero non trova più alcun appiglio in questo modo di essere. Anche la finzione sta diventando un male incurabile, che giorno dopo giorno, trasforma un finto sorriso in una smorfia di dolore. Che lo consuma dall’interno, lo svuota e lo confonde. Al Sospeso viene da pensare a quanti veramente nel mondo stanno navigando seguendo una vera rotta, e quanti invece, come lui, stiano navigando e basta, senza una meta precisa. L’unica istruzione vincolante è l’incolumità della nave, dall’alba al tramonto.
    Si sta materializzando l’idea di andare a ritrovare l’essenza nella natura, in una terra che ancora oggi offre isolamento. Una terra dove ancora tutto è fatica, la maggior parte delle cose è addobbata da privazione. L’uomo vorrebbe mettersi in gioco, è in continua ricerca di risposte su quale possa essere la sua vera reazione ad un salto nel tempo di quasi centocinquant’anni. Di un ritorno alle origini moderne.  Sa bene di avere una visione troppo romantica di quella condizione, visione di chi non ha mai realmente provato i tribolamenti del passato. Eppure la voce dell’istinto porta a far emergere in continuazione la convinzione che ci sia qualcosa di inesorabilmente purificatorio e appagante, in un periodo depurativo in tal modo. La Val Grande è quella terra, luogo di sacrificio e consolazione per chi come lui è anelante d’isolamento. Un salto non solo nella distanza, ma anche nel tempo. Recarsi lassù solo con il proprio fardello di pensieri e un misero bagaglio, quello concesso per attrezzare un maggengo di fine Ottocento.
   Pieno distacco dal mondo e assoluta sopraffazione da parte del proprio essere. Da lì in poi il dubbio, il terrore reale è solo quello di sapere in anticipo se quella terra e quel tempo passato ci rigetteranno come organismi estranei, oppure, una volta iniettati in quel mondo arcaico sarà impossibile ritornare indietro. La terra abbandonata è il futuro dell’uomo; il suo rispetto, il suo utilizzo che ci ancora alla realtà. Non il virtuale. Non il nascondersi in un universo costruito a misura di benessere onirico e distaccato.
   C’è del rischio in questo, ma è la scelta fondamentale dinanzi ad un bivio; è la via che dobbiamo prendere per sapere a quale “etnia” apparteniamo. Esistiamo in un presente ambiguo, di confine. Dobbiamo capire da quale lato stare della rete.
   Anticamente la pangea ci faceva cittadini di un’unica terra, oggi la globalizzazione ha riunito quegli stati divisi dal movimento delle placche della crosta terrestre. Molti hanno già effettuato la scelta, forse il Sospeso è finalmente arrivato alla soglia di quel bivio tanto temuto e atteso.

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