domenica 30 ottobre 2016

Le due madri


... e mi trovi di fronte ad un'opera inaspettata, che toglie il fiato. Non conosco molto di tecnica pittorica o di storia dell'arte, se non qualche rudimento scolastico o qualche lettura peronale. Qui però mi soffermo per molto tempo, quasi ci fosse una forza misteriosa che mi cattura lo sguardo e alimenta un falò di pensieri. Il dipinto è  opera di Giovanni Segantini del 1889, ed ha titolo: Le due madri. Ripeto, non conosco nel dettaglio la corrente del divisionismo e nemmeno la stilistica del Segantini, eppure questo quadro è un vero sequestro della mente. Ogni pensiero vieni pilotato su alcuni concetti che emergono spontanei e sorgivi, come la semplicità del luogo dell'ambientazione. Una umile, spartana stalla. Semplicità che non è ostacolo alla potenza del messaggio, ovvero la similitudine tra essere umano e animale. Le due madri, una umana e una bovina, hanno le medesime fattezze di nobilità e dignità. Si percepisce la fatica, lo sfinimento della vita e della procreazione. In questo addirittura l'essere umano sembra avere qualche energia in meno rispetto all'animale. La donna cede al sonno, ma sempre mantenendo la postura più protettiva e sicura per il proprio figlio. Sembra rappresentare, con la metafora del sonno, la morte; ovvero il massimo senso di protezione di una madre per le proprie creature fino alla morte. Poi ancora, la bassa luminosità che genera un senso di intimità. Un profondo legame tra la l'uomo e la natura vissuto nell'ambito privato. Una condivisione della vita al pari livello di dignità. Un manifesto del rispetto. Quella lanterna nel centro, simbolo forse di una luce nell'anima che rende leggibile il dipinto e rischiara la tenebra della mente. Un faro al navigatore e osservatore, che osserva la rotta verso un ritorno ad un porto antico. Un dipinto con oltre un secolo di vita ma, mai come ora, moderno e ispiratore. 

Un artista delle montagne, della vita. Un pittore da valorizzare. 
La maestosità dell'esistenza, è una pennellata di colori ispirata dal cielo. 

Stefano Camòrs Guarda 

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